24 maggio 2020 – Ascensione del Signore

La liturgia della parola di oggi ci propone la Ascensione dopo quaranta giorni secondo il racconto degli Atti, Gesù alla destra del Padre secondo la lettera agli Efesini e l’Ascensione del Signore sul monte in Galilea secondo il racconto del vangelo di Matteo.

 

Prima  lettura  (At., 1, 1-11)

Il prologo degli Atti

La prima lettura della festa dell’Ascensione è il prologo degli Atti degli Apostoli che ci propone una sintesi del vangelo lucano e una sintesi del secondo libro di Luca, gli Atti, che prosegue il primo.

Luca ha già dedicato il suo vangelo (Lc., 1, 3) a Teofilo, che potrebbe essere un personaggio reale che ha sponsorizzato l’opera lucana, oppure un personaggio simbolico, “amico di Dio”, cioè ogni lettore.

Luca riassume il suo primo libro, cioè il suo vangelo: i fatti e l’insegnamento di Gesù fino alla sua ascensione in cielo, includendo quindi anche le apparizioni del Risorto: è questo l’annuncio cristiano, il cui contenuto è Gesù stesso.

Luca menziona i due “personaggi” protagonisti di tutta la prima sezione degli Atti degli Apostoli (At, 1, 12 – 2, 48): il collegio degli Apostoli e lo Spirito Santo.

Il secondo protagonista è colui che ha scelto e istruito i primi per prepararli alle prove che li attendono, cui Luca accenna subito dopo, sottolineando che Gesù si mostrò vivente ad essi, dopo però la sua passione, cioè dopo aver subito, patito, la passione.

Le apparizioni, di cui già abbiamo parlato nella prima domenica dopo Pasqua, sono veri incontri con il Risorto, con il Vivente (Ap., 1, 18), non visioni di un fantasma, e hanno uno scopo ben preciso: mettere gli Apostoli alla scuola di Gesù risorto, il quale parla loro di ciò che riguarda il regno di Dio.

 

Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo (At., 1, 5).

L’ultimo dialogo con i discepoli, come già al termine del vangelo (Lc., 24, 41-43), avviene sullo sfondo di una scena conviviale (At., 1, 4). Il dialogo riprende temi esposti in precedenza:

  • Gerusalemme, considerata centro di Israele e punto di partenza della nuova tappa della storia della salvezza (Lc., 24, 47. 49).
  • La promessa dello Spirito Santo (Lc., 24, 49), la missione degli Apostoli di essere testimoni (Lc. 24, 48).

Lo sguardo del narratore si porta avanti, per preparare l’evento della Pentecoste.

Gesù fa riferimento allo Spirito Santo e riprende una parola di Giovanni Battista (Lc., 3, 16) che fa sua: il battesimo in Spirito Santo, annunciato da Giovanni, si realizza questa volta, come promessa di Cristo, nella Pentecoste.

Questo dono “dall’alto” inaugura il tempo della Chiesa.

Nel vangelo di Luca il Battista parla di un battesimo in Spirito Santo e fuoco (Lc. 3, 16), mentre negli Atti non si menziona il fuoco.

 

Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele? (At., 1, 6)

La domanda dei discepoli può apparire fuori contesto; Luca invece pone qui questa domanda, soprattutto in riferimento ai suoi lettori: la fine dei tempi, che nella tradizione apocalittica coincide con l’infusione dello Spirito Santo e con l’inaugurazione del regno messianico in Israele, è imminente?

Il Risorto taglia corto sulla data della fine del mondo, solo Dio la conosce, ma Luca prende lo spunto da questa domanda per presentare al lettore il programma del libro degli Atti: la missione da Gerusalemme fino ai confini della terra avverrà sotto la guida dello Spirito di Dio.

Il libro degli Atti si chiude con l’arrivo di Paolo a Roma: se è vero che secondo le conoscenze dell’epoca Roma era il luogo considerato più lontano è altrettanto vero che per il lettore delle epoche successive, noi compresi, il programma rimane aperto.

Tra Roma e i confini della terra vi è uno spazio vuoto che sarà occupato e scritto dalla storia della Chiesa lungo i secoli: nessun credente è fuori da questo programma, ognuno di noi è chiamato a testimoniare il Vangelo fino ai confini della terra (At., 1, 8).

 

Fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi (At., 1, 9).

Luca, come già ricordato, narra l’Ascensione alla fine del suo vangelo (Lc., 24, 50-52) e nuovamente all’inizio degli Atti.

Luca non vuole fare il resoconto di un evento storicamente constatabile, ma vuole proporre alla fede dei credenti un aspetto essenziale della risurrezione di Gesù: il distacco definitivo di Gesù dalla terra e il suo stare unito al Padre, alla destra di Dio, cioè partecipe pienamente della condizione del Padre.

Per narrare l’Ascensione, Luca utilizza il linguaggio delle manifestazioni di Dio (teofanie) dell’Antico Testamento: segno della presenza, della vicinanza di Yahwè, presenza nascosta, velata dalla nube (neféle) e tuttavia reale e visibile.

Gesù risorto raggiunge il Padre, ma per la Chiesa la sua presenza, ormai non più visibile con gli occhi, rimane presenza reale nello Spirito.

I due uomini in bianche vesti (At., 1, 10) sono esseri celesti che svolgono la funzione di messaggeri (angeli): la partenza, il distacco di Gesù apre alla Chiesa un tempo che si estende dalla Pasqua / Ascensione fino al ritorno nella gloria che conclude la storia della salvezza.

I messaggeri comunicano ad ogni credente la confortante notizia che alla fine dei tempi Gesù verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo (At., 1, 11).

 

Seconda  lettura  (Ef., 1, 17-23)

La seconda lettura inizia con una intercessione di Paolo in favore della comunità cui è destinata la lettera: Paolo prega perché il Padre illumini gli occhi degli Efesini perché comprendano a quale speranza sono chiamati (1, 17-18).

 

La potenza del Padre

L’intercessione ha uno stile liturgico pieno di riferimenti al Padre e alla sua opera in Cristo.

Paolo vuole che i credenti conoscano la potenza del Padre verso di noi (1, 19).

 

Cristo seduto alla destra del Padre (1, 20)

Paolo afferma che l’intensità di tale potenza è stata manifestata con la risurrezione di Cristo, che siede alla destra del Padre.

Sono qui riunite due affermazioni fondamentali del cristianesimo primitivo: quella della risurrezione di Gesù per opera del Padre e quella della sua esaltazione alla destra del Padre. Nell’Antico Testamento la destra di Yahwè rappresenta una posizione di favore (Sal. 80, 18; Ger., 22, 24), di vittoria (Sal. 20, 6; Is., 41, 10) e di potenza (Es., 15, 6; Sal. 89, 13; Is., 48, 13).

 

Lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose (1, 22)

Nella lettera agli Efesini, per la prima volta nel Nuovo Testamento, viene detto che Cristo è capo della Chiesa, che è il corpo di lui (1, 22-23).

La Chiesa è qui menzionata per la prima volta esplicitamente: e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose (Ef., 1, 22).

 

Vangelo  (Mt., 28, 16-20)

Il vangelo di Matteo, dopo il racconto della Risurrezione, termina con l’episodio che leggiamo oggi in Galilea, sul monte.

Questi ultimi versetti del vangelo sono la chiave di lettura dell’intero racconto: perché narrano la trasformazione che la Risurrezione ha operato in Gesù Cristo.

 

Gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato (28, 16).

Gli Undici, secondo la parola di Gesù trasmessa loro dalle donne dopo la Risurrezione: Andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno (28, 10), si recano in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.

Il primo discorso di Gesù riportato da Matteo (discorso della montagna, Mt., 5), quello programmatico del suo Vangelo, avviene su un monte, in continuità con la presenza di Mosè sul Sinai e con la ricezione sul monte delle dieci parole.

Il fatto che le ultime parole del Risorto vengano trasmesse ai discepoli su un monte pone nuovamente Gesù in continuità con il giudaismo.

 

Quando lo videro, si prostrarono; essi però dubitavano (28, 17)

La apparizione di Gesù sul monte in Galilea è una apparizione di riconoscimento: essi però dubitavano della parola delle donne.

Matteo vuole in questo modo sottolineare l’identità tra il Gesù di Nazaret che gli Apostoli avevano conosciuto e il Risorto, la continuità tra il Gesù storico e il Gesù glorioso.

L’incontro e la visione del Maestro producono la reazione immediata della prostrazione, come già era avvenuto con le donne dopo la Risurrezione (Mt., 28, 9).

La annotazione di Matteo, essi però dubitavano, è da mettere in relazione con un altro dubbio (Matteo usa lo stesso verbo), quando Pietro dubita delle parole del Maestro che lo invita a camminare sulle acque (Mt., 14, 31).

 

Gesù si avvicinò e disse loro (28, 18)

I discepoli erano sbandati, disorientati: Gesù rimette in moto la sequela, si fa incontro ai suoi discepoli e li conferma nella loro identità e nella loro missione.

Il gesto di Gesù di avvicinarsi, di venire incontro, è accompagnato dalle parole che chiudono il vangelo di Matteo.

L’ultimo breve discorso di Gesù è nuovamente pronunciato sul monte e consegna ai discepoli tre riferimenti fondamentali: la sua autorità, la missione dei discepoli e il rimanere di Gesù con loro.

  • L’autorità (exusìa) cui Gesù fa riferimento è da mettere in relazione con l’autorità con cui Gesù dice a Pietro: e io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa (ekklesìa) […]. A te darò le chiavi del regno dei cieli (Mt., 16, 18-19).

In entrambi i casi le parole sono pronunciate da Gesù autorevolmente.

Nel primo sono al futuro, edificherò la mia Chiesa, nel secondo il comando è al presente: fate discepoli tutti i popoli (28, 19).

Gli specialisti della Bibbia chiamano questi due momenti due apici ecclesiologici, cioè due momenti specialmente significativi per la costituzione della Chiesa.

  • L’invio in missione dei discepoli si fonda qui sull’autorità del Risorto.

Il compito / missione dei discepoli è di fare discepoli tutti i popoli della terra, portare i popoli a seguire Cristo.

La sequela / discepolato è sempre una chiamata del Maestro a seguirlo.

Il Cristo risorto continua la sua azione nella storia e nel tempo tramite i suoi discepoli.

La Chiesa è la continuazione di Cristo, suo corpo rimasto sulla terra, e il Signore per mezzo delle parole della Chiesa e per mezzo dei suoi gesti continua a fare sentire la sua voce e a compiere le sue azioni che guariscono e liberano.

Gesù incontra nel tempo degli uomini che non ha incontrato durante la sua presenza sulla terra. I segni visibili attraverso i quali si diventa discepoli sono l’annuncio del vangelo e il battesimo.

La “predicazione” è il ministero apostolico per eccellenza che la comunità è chiamata a continuare.

I discepoli sono inviati dal Risorto a battezzare tutti i popoli. Il gesto del battesimo è preceduto dall’insegnamento: il contenuto dell’insegnamento è custodire quanto Gesù ha comandato (nel senso che abbiamo ricordato domenica scorsa) ai suoi discepoli.

  • Le ultime parole annunciano il rimanere di Gesù con i suoi.

Gesù lo fa in modo forte e solenne, utilizzando l’espressione greca kài idù: ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (28, 20).

Essere discepoli significa essere con il Maestro e Gesù precisa la dimensione temporale di questo essere con dicendo tutti i giorni.

Punto di partenza e di arrivo del vangelo di Matteo è l’annuncio a tutti i popoli che Gesù è il Dio con noi.

L’espressione con voi fino alla fine del mondo proviene dalla tradizione dell’Antico Testamento quando Dio promette la sua assistenza ai suoi inviati. Questa presenza di Yahwè nei suoi inviati si realizza pienamente ora in Gesù.

Io” e “voi” sono le parole che rassicurano la Chiesa durante il suo pellegrinaggio sulla terra.

La comunità dei credenti continua l’opera di Cristo, che con autorità e fedeltà assicura ai suoi discepoli, al termine del vangelo di Matteo: io sono con voi tutti i giorni.

 

Alcune sottolineature per la meditazione

  1. Durante quaranta giorni (At., 1, 3).

I quaranta giorni (At., 1, 3) di cui ci parlano gli Atti possono lasciarci perplessi.

Il vangelo di Luca si conclude con l’apparizione di Gesù agli Undici, riuniti in una stanza, la sera della Risurrezione: poi li condusse fuori, verso Betania, e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su in cielo (Lc., 24, 50-51).

L’autore del vangelo e l’autore degli Atti fanno due affermazioni che ci sembrano contraddittorie: secondo il vangelo di Luca Gesù ascende al cielo la sera stessa della Risurrezione e secondo l’autore degli Atti, che è lo stesso Luca, Gesù ascende al cielo quaranta giorni dopo.

Luca scrive durante quaranta giorni non per trasmettere un dato cronologico, ma un dato simbolico.

Il numero quaranta per la tradizione giudaica richiama immediatamente più eventi.

Per quaranta giorni (Gen., 7, 4) Noè e altre sette persone, otto in tutto, furono in balia delle acque durante il diluvio.

Dopo l’uscita dall’Egitto, Mosè trascorse quaranta giorni e quaranta notti (Es 24,18) sul monte Sinai dove Yhwh gli consegnò la Toràh (Legge) scritta sulle pietre.

Dopo quaranta giorni (Nm 13,25) ritornano gli esploratori inviati da Mosè ad ispezionare la terra di Canaan.

Elia “camminò per quaranta giorni e quaranta notti (1Re 19, 8) fino al monte di Dio, l’Oreb”.

Quaranta (Gn 3,4) sono i giorni di tempo accordati a Nìnive da Giona per convertirsi e non essere distrutta.

Quaranta (Mt 4,2; Mc 1,13; Lc 4,2) sono i giorni che Gesù trascorre nel deserto.

Per quaranta giorni (At 1,3) Gesù appare ai suoi dopo la risurrezione e prima dell’ascensione al cielo.

Quaranta giorni, o quaranta anni, sono il tempo necessario perché un evento divino si compia, sono il tempo necessario per una rivelazione e per accoglierla pienamente: un tempo (quaranta giorni) è necessario al Maestro per consegnare adeguate istruzioni ai suoi discepoli. I quaranta giorni riferiti dagli Atti sono il tempo di “formazione” necessario per rendere gli Apostoli sbandati capaci di trasmettere a loro volta ciò che hanno ricevuto da Gesù.

 

  1. Galilea delle genti (Is., 8, 23; Mt., 4, 15).

Gesù si manifesta dove tutto è cominciato, sulle sponde del lago di Tiberiade, dove ha operato, dove ha svolto la maggior parte del suo ministero, e lì vuole manifestarsi ai suoi dopo la Risurrezione, non in Giudea, non a Gerusalemme, non in una regione tranquilla, tra gente omogenea per provenienza e per cultura.

La Galilea delle genti (dei pagani) è luogo di incontro e di scontro, di mescolanza e di confusione, terra di passaggio degli eserciti, delle carovane di mercanti e dei gruppi degli esiliati.

Non è casuale che Gesù dia appuntamento ai suoi perché “lo vedano” in Galilea: il Risorto non vuole che i suoi restino al chiuso, in luoghi troppo protetti. Dà loro appuntamento in Galilea quasi per abituarli, fin da subito, al crogiolo delle culture, alla diversità delle lingue, a situazioni diversificate.

Lo Sconfitto, il Perdente, il Crocifisso, è paradossalmente ora il Vincitore.

Le “consegne” del Risorto sono semplici, le abbiamo appena ascoltate, ma non di poco conto.

Si tratta di partire, di affrontare le incognite di percorsi che li condurranno in ogni parte del mondo.

L’annuncio non cerca consensi, ma persone disposte a seguire Gesù.

I rischi sono grandi e non bisogna nasconderseli, ma sulla parola di Gesù i discepoli hanno una certezza: il Signore risorto non li lascia orfani.

Egli rimane accanto a loro, prende parte alle loro fatiche, accompagna la loro missione, cammina insieme a loro lungo i percorsi degli uomini.

E questo, come abbiamo ascoltato oggi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo.

Come non pensare alle periferie esistenziali che, senza stancarsi, papa Francesco ci propone e ripropone?

 

  1. Vado e vengo a voi (Gv., 14, 28)

Gesù se ne è andato, ma nello stesso istante è venuto a noi in un modo nuovo.

Quando una persona è unita ad un’altra nell’amore e deve abbandonarla, questo significa appunto una separazione.

I suoi pensieri saranno presso l’altro, lui in persona è lontano. Ma se gli fosse possibile passare in una condizione in cui non esistessero la distinzione nello spazio e nel tempo e le barriere delle cose, in cui non vi fossero nemmeno le barriere dell’egoismo, ma tutto fosse amore, allora egli sarebbe immediatamente presso la persona che ama […].

Appunto questo è avvenuto con Cristo!

Egli è entrato nell’eternità, nel puro “ora” e “qui” […], è entrato in un essere che è amore, poiché Dio è amore (1Gv., 4, 16).

Se dunque egli ci ama – e che egli lo faccia costituisce il compendio del suo messaggio – allora il suo andarsene nella pienezza dell’amore significa un essere presso di noi.

Il Signore siede alla destra del Padre […]. Al tempo stesso egli è presso di noi in modo nuovo […]: Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt., 28, 20) (R. Guardini, Il Signore, pp. 568-569).

 

  1. Il tempo della Chiesa.

L’Ascensione porta a compimento il mistero della Risurrezione: colui che si assenta diviene presente in un altro modo.

L’Ascensione dà inizio al tempo della Chiesa.

Le tre letture della festa dell’Ascensione ci presentano il Cristo vincitore, ma il suo Regno resta ancora da costruire da noi che formiamo la sua Chiesa.

Viviamo in un tempo intermedio, penultimo, tra il già della vittoria di Cristo, che è alla destra del Padre, e il non ancora del suo ritorno nella gloria.

I quaranta giorni tra la Risurrezione e l’Ascensione (prima lettura) sono il tempo che aveva già caratterizzato alcune grandi prove e attese della Bibbia: il diluvio, il passaggio del popolo ebreo attraverso il deserto, le tentazioni di Gesù. È dalla Galilea, crocevia dei pagani, luogo di mescolanza di razze e di culture, che parte questa nuova attesa (vangelo).

Non da Gerusalemme, centro della fede e del culto, ma dalla Galilea la Chiesa si costituisce, perché là vi è il monte che Gesù ha indicato ai suoi discepoli, cioè il luogo giusto per la manifestazione di Dio.

Per inaugurare la sua missione la Chiesa ha dovuto, simbolicamente, cambiare luogo. Ormai, sotto l’impulso dello Spirito, essa dovrà spostarsi da un luogo all’altro per annunciare il vangelo della grazia di Dio.

La sua sede non è più qui o là, ma ovunque vi siano uomini, perché Dio ha scelto il cuore dell’uomo come luogo in cui mette radice la sua opera di guarigione e di liberazione.

La Chiesa raduna tutti quelli che sono toccati dalla potenza del Padre (seconda lettura, Ef., 1, 19).

Il battesimo è il segno attraverso cui si manifesta nel cuore dell’uomo la potenza della Risurrezione, più forte delle forze di morte.

Ogni discepolo è chiamato a mettere in azione le forze della vita, con l’ aiuto dello Spirito Santo, in vista della costruzione della città dell’uomo e della città di Dio.

 

Suggerimenti

Segni

Una icona o una immagine della Ascensione.

 

Per la preghiera

Signore, ti ringraziamo

per tutto ciò che continui a dire e a fare

in mezzo a noi.

Ti ringraziamo perché la parola di Gesù è sempre una Buona Novella

che scaccia paure ed angosce

e ci apre una strada nelle notti dei nostri dubbi e dei nostri timori.

 

Ti rendiamo grazie per gli uomini e le donne

che hai posto sul nostro cammino

e per il mistero di tanti incontri.

Tu vieni a noi nello straniero che ci chiede da bere,

ma che anche ci apre ad orizzonti nuovi.

Tu vieni a noi nello sconosciuto

che non rivedremo più

al quale riusciamo ad aprire il cuore

perché sa ascoltare.

Tu vieni in coloro che vogliono sapere

che ci interrogano sulla nostra fede.

Dio di ogni incontro vero,

tu ci rischiari con la luce e la gioia del tuo Spirito.

 

Per l’approfondimento

  1. Ravasi, I monti di Dio, San Paolo, Cinisello Balsamo 2001.
  2. Guardini, Il Signore, Milano-Brescia 2018, Il venire e l’andare di Dio, pp. 557-563; Io vado e vengo a voi, pp. 565-569.