Veglia Pasquale

 

Celebrando quest’anno la Veglia pasquale, in tempo di coronavirus, che impone limitazioni e semplificazioni della celebrazione, ci prepariamo alla Veglia, nei modi che ci sarà possibile celebrarla, con il vivo ricordo di assemblee che nella notte si sono costituite attorno al fuoco, assemblee in attesa e già in preghiera.

 

La celebrazione della Veglia pasquale si compie in quattro momenti:

  • la liturgia della luce: la benedizione del fuoco, il cero pasquale, la processione e il canto dell’Exultet o annuncio pasquale.
  • la liturgia della parola: ci fa ripercorrere la storia dell’umanità e la storia della salvezza, indissolubilmente unite.
  • la liturgia battesimale: la benedizione dell’acqua battesimale e la rinnovazione delle promesse battesimali
  • la liturgia eucaristica: la Veglia culmina nella celebrazione della Eucaristia.

 

Liturgia  della  luce

Il primo tempo della Veglia pasquale sarebbe previsto fuori della chiesa nella notte. Questa prima parte della celebrazione vuol farci compiere simbolicamente il passaggio dalla oscurità alla luce, vuol farci camminare dietro il cero pasquale, simbolo di Cristo, nostra luce.

La benedizione del fuoco

La notte evoca tutte le “notti” dell’uomo di ogni tempo e dell’uomo di oggi.

Un tempo di preghiera silenziosa consente ad ognuno di affidare al Signore le sue intenzioni di preghiera, prima che la liturgia abbia inizio.

Padre, che per mezzo del tuo Figlio ci hai comunicato la fiamma viva della tua gloria, benedici questo fuoco nuovo: fa’ che le feste pasquali accendano in noi il desiderio del cielo, e ci guidino, rinnovati nello spirito, alla festa eterna.

Il celebrante accende il cero al fuoco nuovo.

 

Camminando dietro il cero pasquale

Il popolo di Israele considerava la memoria dell’esodo come tratto costitutivo della sua identità: un popolo in cammino.

L’esodo è stato vissuto anche nella vita di Gesù: Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme (Lc., 9, 30-31).

L’esodo è tratto identitario anche dei discepoli di Gesù, della Chiesa.

Il libro dell’Esodo che viene letto in questa notte racconta:

Il Signore marciava alla loro testa di giorno, con una colonna di nube per guidarli sulla via da percorrere e di notte con una colonna di fuoco, per far loro luce […]. Di giorno la colonna di nube non si ritirava mai dalla vista del popolo, né la colonna di fuoco durante la notte (Es., 13, 21-22).

Il cero pasquale è segno della colonna di fuoco che guidava il popolo di Israele per fargli luce.

La liturgia della notte di Pasqua fa del cero il segno di Cristo stesso, luce per chi lo segue, per i suoi discepoli.

 

L’annuncio pasquale

Il preconio o Exultet è il solenne e gioioso annuncio della Pasqua.

Gioisca la terra, inondata da così grande splendore […]. Gioisca la madre Chiesa […].

Questa è la vera Pasqua, in cui è ucciso il vero agnello, che con il suo sangue consacra le case dei fedeli.

Questa è la notte in cui ha liberato i figli di Israele […]. Questa è la notte in cui ha vinto le tenebre del peccato con lo splendore della colonna di fuoco. Questa è la notte che salva su tutta la terra i credenti in Cristo […]. Davvero era necessario il peccato di Adamo, che è stato distrutto con la morte di Cristo. Felice colpa, che meritò di avere un così grande Redentore! […].

O notte veramente gloriosa, che ricongiunge la terra al cielo e l’uomo al suo Creatore! […].

Ti preghiamo, Signore, che questo cero, offerto per illuminare l’oscurità di questa notte, risplenda di luce che mai si spegne […]. Lo trovi acceso la stella del mattino, quella stella che non conosce tramonto: Cristo, tuo Figlio, che risuscitato dai morti, fa risplendere sugli uomini la sua luce.

 

 

Liturgia  della  parola

Il secondo momento della Veglia pasquale è la liturgia della parola.

La sua struttura è dialogica: Dio parla, l’assemblea ascolta e poi risponde con il canto di un salmo.

Un tempo di silenzio può permettere ad ognuno di esprimere la sua risposta alla parola di Dio, raccolta da colui che presiede con l’orazione.

La Veglia pasquale propone una lunga liturgia della parola, che in questa notte santa ci fa ripercorrere la storia degli uomini con la lettura della creazione dal libro della Genesi e la storia della salvezza rileggendo il patto o alleanza tra Dio ed Abramo raccontato dal libro della Genesi e poi dal libro dell’Esodo, già evocato dalla processione che ha seguito il cero pasquale e raccontato attraverso l’episodio del passaggio del Mar Rosso.

La liturgia della parola prevede di leggere alcuni profeti: Isaia, Baruc ed Ezechiele, per ripercorrere l’allontanamento di Israele dal suo Dio e l’alleanza sempre rinnovata che mai viene meno.

Il profeta Baruc rivolge un appello pressante: se si vuole risorgere, bisogna cercare la sapienza, camminare allo splendore della sua luce (Baruc, 4, 2).

Il profeta Ezechiele è voce che si aggiunge agli altri profeti per ricordare ad Israele, e ad ogni discepolo, quanto sarà tra poco ripreso dalla liturgia battesimale:

Vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati […]. Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi (Ez., 36, 24-27).

La liturgia della parola si conclude con due letture dal Secondo Testamento: la lettera ai Romani (6, 3-11) e il vangelo di Matteo (28, 1-10).

La lettera ai Romani ci fa fare memoria del battesimo, introducendo la liturgia battesimale con cui prosegue la Veglia dopo l’omelia:

per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova […]. Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo, risorto dai morti, non muore più (Rom., 6, 4-9).

La Veglia del Sabato Santo è, ogni anno, scandita dai racconti pasquali degli evangelisti che si leggono nei tre anni del ciclo liturgico: quest’anno leggiamo il vangelo di Matteo.

I quattro vangeli non narrano la Risurrezione, ma marrano l’incontro delle donne e dei discepoli con il mistero della Pasqua annunciato dall’angelo e dal segno del sepolcro vuoto.

L’angelo disse alle donne: Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risorto dai morti ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete (Mt., ).

Andando in fretta a dare l’annuncio ai discepoli, le donne incontrano, lungo la via, Gesù:

Gesù disse loro: Non temete, andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno.

La Risurrezione non è stata “vista” da nessuno. Nella narrazione di Matteo un messaggero del Signore annuncia alle donne che Gesù è risorto e le invita a guardare il luogo dove era stato deposto, cioè il segno della tomba vuota.

Nella narrazione di Matteo per ben due volte, una volta dall’angelo e una volta da Gesù stesso, viene detto ai discepoli: vi precede in Galilea.

Gesù dice alle donne: Vadano in Galilea, là mi vedranno. E Gesù stesso invita i suoi discepoli a ritornare in Galilea, da dove erano venuti, dove tutto era iniziato. Questo invito è anche invito a ritornare al loro quotidiano: proprio quello è il luogo dove lo vedranno, non nello straordinario o nel miracoloso.

Questo invito assomiglia al segno dato ai pastori nel vangelo di Luca: Questo per voi il segno: troverete un bambino, avvolto in fasce adagiato in una mangiatoia (Lc., 2, 12).

Anche qui, fin dall’inizio, i pastori potranno trovare Gesù in una situazione di quotidianità, di ordinarietà.

Luca stesso, raccontando negli Atti l’ascensione di Gesù, scrive:

Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand’ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? (At, 1, 10-11).

Per incontrare Cristo risorto non dobbiamo guardare il cielo, ma tornare alla nostra Galilea: là lo vedremo.

 

Liturgia  battesimale

Il terzo momento della Veglia pasquale comprende il canto delle litanie dei Santi, la benedizione dell’acqua e il rinnovo delle promesse battesimali.

 

Le litanie dei Santi

Con il canto delle litanie dei Santi stabiliamo un contatto con i credenti che ci hanno preceduto nella fede, un contatto tra la terra e il cielo, un contatto con il popolo immenso dei redenti in Cristo (Apocalisse).

I santi sono uomini e donne riusciti nella fede, canonizzati o no, che ci aiutano a seguire Cristo, a resistere nelle difficoltà della vita e ad andare avanti.

Con le litanie chiediamo il loro sostegno.

 

Benedizione dell’acqua battesimale

Nella Chiesa antica si battezzava soltanto nella notte di Pasqua: si battezzavano degli adulti, per immersione. La lettera ai Romani, che ascoltiamo questa sera, ci ricorda che il battesimo è essere sepolti nella morte di Cristo, far morire l’uomo vecchio e risorgere con lui facendo “emergere” l’uomo nuovo.

L’immersione nell’acqua e l’emersione era il segno di questa sepoltura e risurrezione.

 

Le promesse battesimali

La rinuncia al male e la professione di fede, prima dell’immersione simbolica nell’acqua battesimale (morte dell’uomo vecchio e nascita dell’uomo nuovo), sono un invito a deciderci, a scegliere il bene e a rinunciare al male.

 

Liturgia  eucaristica

Nella notte, entrati nella chiesa, guidati dalla luce e dalla parola di Cristo, dopo aver attraversato l’acqua che dona la vita, giungiamo alla tavola che Gesù ha preparato per noi.

La Veglia pasquale culmina nell’Eucaristia del Corpo donato e del Sangue versato, di cui ci hanno fatto fare una viva memoria il Giovedì Santo e il Venerdì Santo.

 

Rendere grazie

Eucaristia significa rendimento di grazie per la passione, morte e risurrezione di Cristo.

Ogni Messa è rendimento di grazie, ma in questa celebrazione che conclude il Triduo pasquale l’azione di grazie si fa più viva ed intensa.

 

Partecipi della vita del Risorto

Concludiamo la Veglia pasquale chiedendo al Risorto di ravvivare la nostra fede, la nostra speranza, la nostra carità:

  • la nostra fede nella Risurrezione: perché crediamo che il bene è più forte del male, che la luce è più forte delle tenebre, che la vita è più forte della morte.
  • la nostra speranza: perché questo tempo di coronavirus ci faccia meglio comprendere che cosa significa sperare che a qualcosa di negativo possa seguire qualcosa di positivo.

Il Risorto ci insegna a sperare nell’impossibile: che è il possibile umano e il possibile di Dio.

  • la nostra carità: perché, nello Spirito di Gesù, morto e risorto, possiamo essere capaci di inventare gesti semplici di attenzione e di aiuto che ci rendano capaci di mettere in pratica la sua parola: quello che avete fatto al più piccolo dei vostri fratelli l’avete fatto a me (Mt., 25, 40).

 

 

Suggerimenti

Celebrazione

Suggerisco di partecipare alla celebrazione presieduta dal papa in San Pietro sabato 11 alle ore 21 (Rai 1 e TV 2000).

Segni

La parola di Dio (una Bibbia), la luce (una candela accesa), l’acqua (una ciotola d’acqua).

Per la preghiera

Si possono riprendere le belle e abbondanti letture della liturgia della Veglia pasquale e le belle (a volte bellissime) preghiere della liturgia della Veglia pasquale.

Per l’approfondimento

Si vedano i titoli proposti per il Giovedì Santo e il Venerdì Santo.